domenica 26 dicembre 2010

La vera politica di Napolitano e i monologhi di Berlusconi



Pubblichiamo un estratto de "la nota del mattino" del 23 Dicembre che fa chiaramente vedere la differenza tra un uomo politico di altissima caratura, e un uomo che vive la politica come uno show, di cui lui è il protagonista.


NAPOLITANO, QUANDO LA POLITICA E’ UNA COSA SERIA.
Il presidente della Repubblica ha dato ieri una lezione di politica, intesa in senso nobile, al governo. Per mesi il governo ha giocato al muro contro muro con gli studenti, i ricercatori ed i professori che protestavano contro la legge Gelmini sull’università (per non parlare delle norme sulla scuola), gettando benzina sul fuoco. Quando il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, è salito sui tetti di Architettura a Roma, dove erano i ricercatori a protestare, è stato perfino bersagliato dagli attacchi sobillati dai quotidiani vicini a Berlusconi e trattato con sufficienza e sospetto dalla grande stampa, che fin dall’inizio ha sostenuto a spada tratta e a suon di editoriali la riforma Gelmini. Ieri, giunti all’estrema provocazione di una città blindata quasi si fosse in tempo di guerra, il presidente della Repubblica ha dimostrato che chi ha la capacità di interloquire fa una buona politica. Il suo incontro con gli studenti ha di fatto riattivato il rapporto con le istituzioni delle generazioni che più stanno soffrendo la crisi e i problemi dell’Italia. Un rapporto che rischiava di essersi incrinato del tutto, con conseguenze gravi.
Il Partito Democratico si è adoperato negli ultimi giorni non solo nella battaglia parlamentare contro la legge Gelmini, ma anche per favorire un esito positivo delle manifestazioni. Tra l’altro va ricordata l’iniziativa di far incontrare presso la sede nazionale del Pd i rappresentanti dei sindacati delle forze dell’ordine ed i rappresentanti degli studenti, alla presenza del presidente del gruppo parlamentare al Senato, Anna Finocchiaro, e di Emanuele Fiano, responsabile del forum sicurezza del Pd.

QUESTA MATTINA BERLUSCONI RACCONTA UN PAESE CHE NON ESISTE E INTANTO PENSA AL SUO LEGITTIMO IMPEDIMENTO E AL VOTO, CON LA LEGA CHE INCALZA PER ANDARE A ELEZIONI A MARZO.
Oggi, a mezzogiorno, conferenza stampa di fine anno per il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Il discorso non sarà diverso da quello più volte ascoltato: il governo ha fatto meraviglie, il paese, pur nella crisi, sta meglio degli altri, investiremo decine di miliardi di euro, taglieremo le tasse, riformeremo la giustizia. Non importa che il decreto cosiddetto mille proroghe, varato ieri dal Consiglio dei ministri, abbia tagliato fondi (all’editoria), ridotto i finanziamenti al 5 per mille (pur avendoli formalmente rimessi), messo gli aquilani nella necessità di versare tutte insieme le tasse sospese per il terremoto e frazionato lo storico parco dello Stelvio per far contenti i due parlamentati altoatesini accorsi in sostegno della maggioranza nella votazione sulla mozione di sfiducia a Berlusconi. Prevarranno i cieli azzurri.
Dietro le quinte dello show preparato per gli italiani che guardano la tv, la realtà è e sarà un’altra cosa. Invece di preoccuparsi dei problemi del paese, il premier è di nuovo tornato a mettere in primo piano i suoi interessi. Il primo è la salvezza delle norme sul legittimo impedimento, che consentono a Berlusconi di non presentarsi davanti al tribunale che ha già condannato per corruzione gli altri coimputati del processo Mills e che l’11 gennaio saranno al centro di un giudizio di costituzionalità da parte della Corte Costituzionale. Inoltre, il premier vorrebbe restare a Palazzo Chigi finché può, nonostante sia chiaro che non è in grado di governare. Ieri il ministro Prestigiacomo si è dimessa dal Pdl, perché attaccata dalla sua stessa maggioranza alla Camera. Berlusconi, insomma, sa che così non potrà durare a lungo. E dunque sta preparando il terreno perché, nel caso in cui dovesse mollare, non vi siano più possibilità di formare un governo tecnico o di responsabilità nazionale, ma si vada subito al voto. La Lega Nord, invece, non ha proprio dubbi: vuole andare a votare e prendere i voti in crescita previsti dai sondaggi prima che il miracolo si sgonfi. Anche per questo ha chiesto di discutere ufficialmente alla Camera se il presidente Gianfranco Fini possa restare o no al suo posto.

mercoledì 15 dicembre 2010

Un governo clinicamente morto


Dopo la notizia di ieri, la conferma della fiducia al governo Berlusconi, pubblichiamo un estratto del discorso di Bersani alla manifestazione di sabato 11 dicembre a Roma per dimostrare come il Pd intende contrastare una politica ormai morta.

"Come due anni fa al Circo Massimo oggi a San Giovanni presentiamo il volto di un grande Partito popolare. Siamo qui per dare un messaggio all’Italia. Un messaggio di fiducia e di cambiamento.
Ecco quello che pensiamo: pensiamo che l’Italia sia ben migliore di ciò che le capita ormai da troppo tempo. Pensiamo che non si possa più andare avanti così. Berlusconi deve andare a casa. Ci vuole un passo avanti in una direzione nuova. L’Italia deve cominciare a togliersi il berlusconismo dalle vene, deve scrollarsi di dosso un populismo personalistico, propagandistico e impotente.
L’Italia ha bisogno di una democrazia costituzionale rinnovata, di una democrazia solida e normale.
L’Italia ha bisogno di una democrazia costituzionale rinnovata, di una democrazia solida e normale, capace di funzionare e di dare qualche risposta ai problemi della gente, non a chiacchiere ma a fatti.
Dopo vittoria della destra, tutti a omaggiare i vincitori e si è diffuso pensiero unico.
Noi non siamo caduti nel pensiero unico e nella frustrazione. Nonostante le difficoltà ci siamo sempre ritenuti un Partito di Governo momentaneamente all’opposizione.
Ma noi non siamo
caduti nella frustrazione. Abbiamo visto per primi la crisi e il varco che si sarebbe creato tra la propaganda e la realtà.

Abbiamo visto per primi la crisi e il varco che necessariamente si sarebbe dovuto creare fra la predicazione propagandistica del Governo e la realtà della vita comune. Abbiamo battuto tutti i giorni quel chiodo. E quando la distanza fra parole e fatti è diventata più evidente, quando è diventato più chiaro che i problemi marcivano mentre la politica era costretta a girare attorno ai problemi diurni e notturni del Premier, allora si è aperta la crisi del centrodestra. Non c’entrano le ville. E’ per la perdita di presa del Governo sulla situazione reale che si è aperta questa crisi e che una parte della destra ha cominciato a pensare al dopo e a mettersi in movimento.
Crisi politica del centrodestra è senza rimedio. E non si risolverà con pratiche vergognose.
Pensano di cavarsela così? Facendo rifornimento con un deputato o due, dove sperano di arrivare, a Natale? Alla Befana? Per vedere se mai lasciasse nella calza qualche altro deputato? No. Non possono più andare avanti, questa è la verità e noi in ogni caso combatteremo la nostra battaglia da una posizione più avanzata.
C’è un’intera fase della storia politica italiana da oltrepassare.
Ma, care democratiche e cari democratici, noi sappiamo bene che oltre la prossima settimana c’è un cammino davanti a noi e davanti all’Italia. Non si tratta solo di cambiare un Governo. C’è una fase della storia politica italiana da oltrepassare. C’è una questione di sistema da affrontare. Ormai sedici anni fa, dopo la caduta del muro e dopo tangentopoli, Berlusconi si affacciò nel vuoto e nel discredito della politica e propose una persona e un modello. Una scorciatoia personalistica contro l’inefficienza del sistema, l’oppressione dello Stato e della burocrazia, l’impotenza e le vergogne della politica. Promise più libertà e meno tasse, propagandò un modello individualista. Si scagliò contro il Palazzo e se ne fece uno tutto suo, e con le porte piuttosto girevoli, come abbiamo visto dopo! Accumulò potere politico, economico, mediatico; utilizzò le spinte antisistema della Lega fino ad occupare l’ultimo decennio, il primo del nuovo millennio, governando sette anni degli ultimi nove, costruendo un partito personale e padronale, mettendo a comando il Parlamento con una opportuna legge elettorale e concentrando nelle sue mani un potere senza precedenti nell’intera storia repubblicana.
Dopo sedici anni e quattro governi Berlusconi, possiamo tirare qualche somma: il bilancio è un disastro. Adesso la domanda è: dopo questi sedici anni e dopo quattro Governi Berlusconi, dopo un decennio dominato da lui possiamo tirare qualche somma? E lo chiedo anche agli elettori del centrodestra, possiamo tirare qualche somma o dobbiamo aspettare tutto il millennio? Se tiriamo le somme, si deve dire che il bilancio di questi anni è disastroso.
Con la destra al governo più disuguaglianze, meno consumi, meno investimenti e più evasione fiscale, più corruzione e meno prospettive per i giovani.
Il nostro Paese non è migliorato in niente. Ci siamo visibilmente allontanati dai Paesi forti dell’Europa. Abbiamo perso posizioni su posizioni in tutte le classifiche immaginabili e possibili: dalla ricchezza per abitante, al numero degli occupati, alle prospettive dei giovani, agli investimenti per la ricerca, all’andamento dei consumi, all’andamento del debito pubblico, all’aumento delle diseguaglianze, al divario nord-sud, all’evasione fiscale, al peso della burocrazia, alla diffusione di corruzione e illegalità. Potrei far notte continuando l’elenco. Un vero disastro. L’unica classifica che grazie a Berlusconi abbiamo rimontato è quella del nostro posto nelle barzellette del mondo, del nostro posto nel discredito del mondo!
riforma della scuola, dell’università, della cultura l’unica operazione che si sia vista nel mondo di riduzione dell’offerta formativa, di tagli strutturali all’intero sistema della conoscenza. Operazioni condotte con arroganza incredibile e veri e propri insulti alla verità. Cari Ministri, se i ricercatori si sono messi sui tetti non è perché siamo andati a trovarli noi, è perché ce li avete mandati voi! E a proposito di arroganza, caro Ministro, qui aspettiamo ancora di vedere i suoi voti.
Ecco, care democratiche e cari democratici, questa è la storia di un fallimento e questa è la ragione vera e profonda della crisi che si è aperta nella destra e della sensazione, oramai molto diffusa, che così non si può andare avanti.
Berlusconi si è ribaltato da solo. E adesso bisogna evitare che trascini l’Italia nel pozzo. Siamo arrivati ad una stretta politica. E che cosa fa Berlusconi davanti alla stretta? Fa la vittima. E’ davvero incredibile. Ha avuto tutto in mano, ha fatto tutto quello che voleva. Maggioranza galattica, legge elettorale ad personam, il più grande partito d’Italia inventato sul predellino di una macchina. Ha fatto tutto lui e adesso parla di ribaltone? Lui si è ribaltato, si è ribaltato lui, lasciandoci il problema che adesso non si ribalti anche l’Italia e che la sua crisi e il suo fallimento non trascinino il Paese nel pozzo. Questo è il problema! E questo problema dovremmo risolverlo oggi con una nuova campagna elettorale?
Due grandi sfide: una riforma repubblicana e un’alleanza per la crescita e il lavoro.
La prima: una Riforma Repubblicana per rafforzare la Costituzione più bella del mondo modernizzando Istituzioni e regole.
La seconda: Una alleanza per la crescita e il lavoro. Una riforma delle Istituzioni e delle regole, dunque, che parta da un principio di fondo. Come in tutte le democrazie che funzionano, una persona sola non risolve nulla. Pensare che senza la fatica delle riforme, che senza la fatica della partecipazione si possano risolvere le cose affidandosi a scorciatoie personalistiche è una illusione disastrosa.
Questo drammatico equivoco, nel nostro Paese, è andato oltre Berlusconi e si è diffuso in una mentalità. Quando dico: toccasse mai a me mai metterei il mio nome sul simbolo, intendo dire questo. Che noi non dobbiamo suscitare passione per una persona, ma per la nostra Repubblica. Se vogliamo salvarci dobbiamo riscoprire le radici della Repubblica, e darle modernità e una vitalità nuova.
Riforme dunque. Bisogna semplificare e rendere efficiente il Parlamento e la forma di Governo, ridurre il numero dei Parlamentari, fare una legge elettorale seria, fare un federalismo responsabile e congegnato per unire. Bisogna portare ogni costo della politica alla media europea, cancellare le leggi speciali e della cricca, semplificare le procedure ordinarie, mettere il cacciavite nel funzionamento di ogni settore della pubblica amministrazione a cominciare dalla giustizia per i cittadini e non per quella di uno solo. Definire le incompatibilità e i conflitti di interesse, cancellare e monopoli e posizioni dominanti a cominciare dall’informazione. Bisogna introdurre norme, a cominciare da quelle finanziarie, per snidare le illegalità e le mafie. Bisogna occuparsi dei diritti, dell’articolo 3 della nostra Costituzione, con leggi che sostengano la parità e riconoscano le differenze a cominciare dal ruolo delle donne nei ruoli di direzione, leggi che combattano l’omofobia, che garantiscano la dignità della persona nella malattia, che impediscano che il disordine dell??immigrazione ricada sulla parte più debole della nostra popolazione e che dicano finalmente a un bambino nato qui e figlio di immigrati: tu sei dei nostri, sei un italiano.
Due priorità: le nuove generazioni e il divario nord-sud.
Tutto questo e molto altro ancora vogliamo sia attraversato da due priorità, da due punti di vista prevalenti: quello della nuova generazione e quello del divario fra nord e sud del Paese. Sono questi infatti i due grandi punti di rottura, le grandi questioni nazionali che possono sbarrare la strada alle prospettive del Paese.
Se vogliamo camminare come Paese, non possiamo spezzarci in due, né nelle generazioni, né nei territori. Su tutto quel che ho detto e su altro ancora stiamo lavorando anche nei dettagli, come si conviene ad un Partito di Governo che non parla mai a vuoto e che sa concretamente che cosa vuol dire quello che dice.
Vieni via con me.
Care democratiche e cari democratici, amici e compagni,
questa piazza emozionante dice al Paese che siamo forti, che siamo pronti a combattere per le cose in cui crediamo. Siamo pronti ad affrontare politicamente le scelte immediate, già dalla prossima settimana e siamo pronti a darci il passo per un cammino di cambiamento del Paese. Il cambiamento. E’ questo il messaggio forte che viene oggi da San Giovanni.
Anch’io ho il mio sogno. Il sogno di un Partito, il Partito Democratico, che possa finalmente dire all’Italia, parafrasando una bella canzone e una grande trasmissione televisiva: Vieni via, vieni via di qui, vieni via con me. Vieni via da questi anni, da queste umiliazioni, da questa indignazione, da questa tristezza. C’è del nuovo davanti, c’è un futuro da afferrare assieme, l’Italia e noi".
Potete trovare il discorso per intero sul sito del partito democratico: www.partitodemocratico.it

giovedì 2 dicembre 2010

Farella e Ficarelli, il ruggito del coniglio


Durante il Consiglio Comunale del 30 novembre è avvenuto un fatto straordinario. I consiglieri del gruppo sedicente di sinistra, Cavriago Comune (Prc-Sel) non hanno avuto il coraggio di assumersi le proprie responsabilità sull’esposto alla Corte dei Conti ed hanno negato la solidarietà ai dipendenti.

Si conclude tristemente così il Consiglio Comunale, che ha visto i consiglieri suddetti in forte difficoltà di fronte alla richiesta della maggioranza di dichiarare apertamente di aver presentato alla Corte dei Conti un esposto per rendere illegittima l’Azienda Speciale, costituita dall’amministrazione per mantenere pubblici i servizi per l’infanzia: non hanno avuto il coraggio di ammettere nulla.

I due consiglieri Davide Farella e Luca Ficarelli hanno arrancato risposte stentate, farcite di virgole burocratiche, che mostravano chiaramente di non avere argomenti a sostegno delle loro incomprensibili tesi: non sono stati in grado di reggere il confronto politico.

Hanno cercato di porre l’attenzione ancora una volta sul Sindaco, criticandolo perché non ha convocato i capigruppo, ma Luca Ficarelli non ha utilizzato la norma dell'art. 8 del regolamento del CC che consente ad un capogruppo di chiedere la convocazione della conferenza dei capigruppo.
Si sono poi coperti di ridicolo quando hanno affermato che il Sindaco non gli ha trasmesso il testo dell'esposto: Ficarelli e Farella conoscono bene le norme per l'accesso agli atti e comunque l’esposto è stato scritto da loro stessi! In questo senso è stata ridicola l’accusa rivolta al Sindaco di non aver convocato i capigruppo per discutere del testo: avendo la coscienza sporca, loro per primi non hanno richiesto questa convocazione. Tutte le settimane chiedono di tutto. In questo caso non hanno chiesto nulla: evidentemente conoscevano già il contenuto!
Ancora una volta gli è stato chiesto quali sono le proposte alternative all'azienda speciale. Ancora una volta silenzio assoluto.

Diversi consiglieri di maggioranza sono intervenuti chiedendo che ammettessero pubblicamente la loro scelta, come doveroso atto politico di cariche pubbliche elette dai cittadini, ma loro non l’hanno fatto. E, cosa ancor più grave, si sono rifiutati di votare un odg di solidarietà al personale neo-assunto dell’Azienda Speciale che, proprio a seguito dell’esposto, teme per il proprio futuro.
Dalla nascita dell’Azienda Speciale sono state mantenute tutte le promesse: stabilizzati 10 insegnanti e potenziati i servizi. Per anni Rifondazione e soci hanno ingiuriato la Giunta ed ora, di fronte ai fatti, non hanno trovato di meglio che ricorrere a questi mezzi barbari per distruggere la scelta politica del Comune di mantenere le scuole pubbliche. E questo ricorso sembra non avere padri.

Che senso ha, per una lista che si dichiara di sinistra ed a parole vuole difendere la scuola pubblica, chiedere ai giudici se l’azienda speciale pubblica viola il patto di stabilità di Tremonti? Perché questa richiesta viene proprio da chi, pochi mesi fa, ha proposto di non rispettare il patto di stabilità? Perché negare la solidarietà ai dipendenti?

La Giunta e la maggioranza nel 2006 ci hanno messo la faccia ed hanno incontrato insegnanti e genitori proponendo la strada dell’azienda speciale per raggiungere un obiettivo politico: mantenere pubblici i servizi ed implementarli. Ora i consiglieri di Cavriago Comune, con un coraggio da conigli, presentano un esposto per distruggere questa scelta senza nemmeno dichiararlo pubblicamente.