giovedì 27 gennaio 2011

Referendum ambientali


Pubblichiamo una nota ricevuta dall'Assessore Provinciale Mirko Tutino: voterò SI per cambiare le politiche sbagliate portate avanti nel nostro paese

Da 16 anni non si raggiunge il quorum in un referendum e per questo motivo non sono innamorato di questa forma di coinvolgimento della cittadinanza. E’stata molto abusata.
Ma questo referendum è importante ed ora siamo chiamati al voto: personalmente ritengo che ci si debba sempre recare alle urne ed ovviamente lo farò anche in questa occasione. Ritengo che un amministratore pubblico, così come ogni forza politica, su questioni di questa importanza debbano esprimersi chiaramente. La mia posizione personale sia sui referendum promosso dal comitato “Acqua Pubblica”, sia su quello relativo al nucleare sarà per il SI.
Voterò quindi contro la privatizzazione forzata dei servizi e contro il nucleare.
Il referendum deve essere un’occasione per cambiare la politica ambientale del paese su aspetti fondamentali come la gestione del servizio idrico e del servizio rifiuti. Credo che il decreto Ronchi vada abolito perché l’acqua è un bene comune e sono contrario alla scelta dell’attuale Governo di privatizzarlo per legge. Con le normative emanate dal Governo Berlusconi si è andati ben oltre le indicazioni dell'Unione Europea e sono stati posti ulteriori limiti alla gestione dei servizi da parte delle società interamente pubbliche. A prescindere dalla natura o dalla composizione societaria dei gestori, la politica degli investimenti deve essere in mano pubblica, con un rigoroso controllo da parte delle Istituzioni sulla qualità del servizio, con particolare attenzione al non disperdere la risorsa idrica. Tuttavia, se come spero si raggiungerà il quorum e vinceranno i SI, servirà una legge.
Nella nostra Provincia esistono due società per la gestione del servizio idrico e due per la gestione del servizio rifiuti. Essendo Iren una S.p.a. quotata in borsa in effetto dell'abrogazione del decreto Ronchi sui 37 Comuni dove la società gestisce il servizio rifiuti e sui 44 in cui gestisce l'idrico sarà necessario attendere una nuova normativa per definire se, come e quando si dovrà andare a gara per l'affidamento di questi servizi.
La storia delle gestioni idriche del nostro territorio, fondata su buone politiche pubbliche, indica che non ha senso decidere con una norma nazionale che l’acqua va privatizzata. Che fine ha fatto il federalismo? Perché non salvaguardare le buone gestioni pubbliche? Non può che essere pubblica la definizione degli investimenti, l’attivazione di politiche per ridurre la dispersione ed una caratterizzazione sociale delle prestazioni.
Mi sembra assurda la scelta del Governo di unificare in un'unica norma tutto l'insieme dei servizi pubblici locali, così come non ha senso imporre la linea della privatizzazione ovunque, anche laddove il pubblico ha lavorato bene. Nel campo dei rifiuti, per esempio, l’assenza di un Governo pubblico in alcune regioni del nostro paese ha prodotto gli effetti negativi che sono sotto gli occhi di tutti.
In merito al nucleare ritengo che il piano del Governo sia antiquato e per questo voterò SI alla sua abolizione.

Dobbiamo investire sul contenimento dei consumi energetici ed investire come tanti altri paesi europei e non, sulla produzione di energia da fonti rinnovabili. Anche l’Ufficio federale di Statistica americano valuta il nucleare come l’energia più costosa, tant'è che è stato bloccato il percorso di costruzione di nuove centrali.

Gli studi presentati a sostegno dello pseudo-programma energetico nucleare dell’ex Ministro Scajola sono segnati più dalle ragioni della propaganda che della realtà: non viene affrontato il tema dello stoccaggio delle scorie e si dichiara una presunta riduzione dei costi per le famiglie che nulla ha a che fare con la realtà. Evidentemente Scajola è stato bravo a fare i conti con le bollette energetiche delle famiglie tanto quanto lo è stato nello stimare i propri acquisti immobiliari.

I cittadini e gli Enti Locali della bassa reggiana in questi mesi hanno segnalato tutta la loro preoccupazione per l'ipotesi avanzata dal Governo di realizzare una centrale nucleare subito oltre il Po, a Viadana. Ma anche l’Appennino non è al sicuro: nelle scorse settimane è emerso che Sogin, la società pubblica incaricata dal Governo per la gestione dei rifiuti nucleari, avrebbe individuato l’alta valle del Secchia per lo staccaggio dello scorie. Condivido e sono vicino alle preoccupazioni delle popolazioni interessate e per questo il referendum è un ulteriore strumento di lotta contro un piano nocivo e sbagliato. E’ falso anche che il nucleare ridurrebbe i costi per le famiglie: senza un forte sostegno pubblico l’attuale nucleare non è competitivo ed i costi ricadrebbero proprio sulle tasche degli italiani, che già oggi ogni anno pagano 400 milioni di euro sulle bollette elettriche per smaltire le scorie del vecchio nucleare.

La strada da perseguire è quella sulla quale si sono avviati la Regione, la Provincia e molti Comuni del nostro territorio: investire seriamente sulle fonti di energia rinnovabili. Questa idea tuttavia non può essere solamente una generica dichiarazione di intenti, ma deve tradursi in progetti sostenuti dalla politica e dalle istituzioni ad ogni livello, perché limitarsi a dire no al nucleare non basta. Come si scalderà o con quale energia sarà alimentata Reggio Emilia nel 2025? Il tema non è più rinviabile. A queste domande dobbiamo iniziare a rispondere oggi attraverso lo studio delle tecnologie migliori, ma anche compiendo precise scelte politiche.

Mirko Tutino
Assessore alla Pianificazione, Cultura,
Ambiente e Paesaggio della Provincia di Reggio Emilia

martedì 18 gennaio 2011

Si faccia curare


di Giovanni Maria Bellu

Benché avessimo più di qualche sospetto, mai eravamo giunti a immaginare che sarebbe venuto un giorno come quello di ieri. Né la la copertina che oggi abbiamo dovuto fare: «Ostaggio nel bordello» non è un’invettiva, non è un insulto e nemmeno un giudizio. È una sintesi cronachistica della condizione in cui si trova il capo del governo del nostro Paese e dunque, nel mondo, il nostro Paese.

Il quadro che emerge dagli atti inviati al Parlamento dai magistrati di Milano dovrebbe indurre tutti – anche e soprattutto i suoi amici – a suggerire a Silvio Berlusconi di farsi da parte all’istante e di andare a curarsi - come già in tempi non sospetti gli aveva suggerito la moglie - per consentire al Paese che ha indegnamente governato di cominciare una fase nuova, pulita, sana.

Abbiamo assistito, per l’intera giornata di ieri, ai tentativi – sempre più imbarazzati, sempre più goffi, sempre più flebili – di rivoltare per l’ennesima volta la frittata. Nel bunker assediato dal fango, i Cicchitto e i Capezzone hanno tentato di sostenere che si è verificata una grave intrusione nella privacy del premier e che è in pericolo «la libertà di tutti». Più onestamente, vergognandosi, i membri del Pdl della giunta per le autorizzazioni a procedere hanno fatto sapere che non avrebbero nemmeno letto i documenti.

Li comprendiamo. La lettura degli atti giunti da Milano è stomachevole. È la fotografia di una corte corrotta che si mette in moto per salvare l’immagine del corrotto imperatore e, contemporaneamente, s’ingegna per continuare ad assecondarne i vizi. Leggete l’articolo di Claudia Fusani. È il racconto del disgusto delle vittime di questo verminaio – e la minorenne Ruby è la prima di queste vittime – che progettano di approfittare dello schifo in cui sono finite – ne hanno infatti piena consapevolezza – per farsi pagare carissimo il silenzio. È vero: la libertà di tutti è in pericolo. Ma per ragioni opposte a quelle addotte dai cortigiani. Ancora una volta – l’ultima, se dio ci aiuta – un intero Paese è paralizzato dai vizi di Silvio Berlusconi e dal suo disperato tentativo di nascondere la verità per sottrarsi alla giustizia. La minorenne Ruby in un’intercettazione racconta che il capo del governo italiano le ha promesso di coprirla d’oro in cambio del silenzio. Deve solo nascondere tutto. Anche facendosi passare per pazza.

Una millanteria? Una di quelle «frasi esagerate» che – come Silvio Berlusconi ha cercato di far credere nel suo videomessaggio dell’altro ieri – si dicono per vanteria tra amici quando non si sa di essere ascoltati? Non siamo degli imbecilli, presidente. E francamente, anche per il residuo rispetto che abbiamo per la carica che ancora ricopre, pensiamo che nemmeno lei lo sia. Né i suoi amici che tentavano in tutti i modi di proteggerla. Né le sue giovani amiche che, più sagge di lei, la compativano. Ha ragione Vincenzo Cerami: «Alla fine fanno pena tutti quanti, buttati fuori della vita per non averla capita, per vederla come un mercato, dove si compra e si vende ogni cosa».

lunedì 3 gennaio 2011

"Perchè i Marchionne non si moltiplichino serve rispetto"



Ecco il comunicato del segretario provinciale del PD Roberto Ferrari sui casi di Pomigliano e Mirafiori.
"Io in fabbrica ci sono stato. Per molti anni. Sarà anche per questo che seguo in queste ore con apprensione quanto sta accadendo nella galassia Fiat, in particolare - naturalmente - per quanto riguarda gli stabilimenti di Pomigliano e Mirafiori. Sappiamo bene quanto sia importante il settore metalmeccanico anche nella nostra provincia e più in generale il tema delle relazioni sindacali e quello del futuro modello di sviluppo industriale del nostro paese.

Credo sia indispensabile - e questa è la posizione ufficiale del PD - ribadire come sul piano delle regole della rappresentanza e della democrazia con la nuova dottrina Marchionne "si stiano compiendo strappi ingiustificabili, mentre non si fa alcun passo avanti per la partecipazione dei lavoratori nell'impresa, anzi il ritorno alle Rappresentanze Sindacali Aziendali è un chiaro passo indietro". Non credo che questo basti però a non prendere in considerazione quello che è il merito degli accordi proposti, che prospettano "importanti potenzialità di lavoro, reddito, qualità sociale per i territori direttamente interessati e per il nostro paese".
Ho letto in queste ore che questa posizione del PD viene valutata come "non chiara", "frutto di compromessi". Il problema è, invece, che una forza riformista non può che fare uno scatto in più rispetto al massimalismo di altri tempi. Questa è semplicemente la "verità" della situazione. Non è una posizione di comodo, naturalmente, che punti a guadagnar voti o visibilità su di una questione simbolicamente rilevante e umanamente coinvolgente come quella che riguarda i lavoratori FIAT. Non cerchiamo il consenso per il consenso.

Peggio, però, di Marchionne, credo possa fare la spirale innestata dalle dichiarazioni di queste ore. Le divisioni tra i sindacati sono infatti il massimo auspicio della nuova dottrina, salutate con malcelato gaudio anche dagli esponenti di un Governo che non fa politica industriale, ma si ritrova bene nel ruolo di semplice tifoso.
Credo siano saggi gli appelli fatti dal PD di ripartire dall'accordo CGIL CISL e UIL del 2008. Solo i sindacati uniti possono far saltare il disegno della distruzione della rappresentanza sindacale, non è possibile immaginare che il dissenso non abbia diritto di essere rappresentato. Si valuti che quello che oggi avviene in FIAT in altri settori potrebbe accadere a parti inverse.
In questo dibattito segnalo che manca un approfondimento sul piano industriale che FIAT propone per il futuro dell'auto in Italia. Riflettiamo anche sulle conseguenze dell'uscita del gruppo da Confindustria.
Quale ruolo esercita l'associazione degli imprenditori nei confronti dei propri associati? E nei confronti delle istituzioni quale ruolo di rappresentanza reale potrà avere in futuro? Non credo che le preoccupazioni manchino anche ai tanti imprenditori che hanno quotidianamente relazioni con rappresentanze sindacali in cui la FIOM rappresenta l'80% e oltre dei lavoratori.
Abbiamo bisogno di cambiamenti, anche nel mondo del lavoro, questi però non possono avvenire"contro" una parte ma devono essere progettati "per": per produrre meglio, per lavorare meglio,per consumare meglio, per vivere meglio tutti. Non cadiamo nella facile logica dei vincitori e dei vinti, sono categorie a malapena applicabili oggi, inutili per pensare al domani.
A fianco dei sindacati - uniti - ci deve essere naturalmente la politica. Tutta. Almeno, tutta quella che ha a cuore il destino dei lavoratori e del lavoro nel nostro paese.
Credo fermamente che sindacati e partiti debbano necessariamente essere due cose distinte e separate: una volta questo era un concetto estremamente chiaro. Non si vedevano bandiere di partito alle manifestazioni del sindacato, nemmeno per errore. Oggi, invece, non è così. C'è chi cerca una commistione di ruoli che non fa che rendere il gioco facile a chi vuol dividere il Paese.
Qualcuno ha invitato "quelli del PD" a toccare con mano come si vive in fabbrica, alla catena di montaggio. Io non ero alla catena, lavoravo in laboratorio. Nella mia azienda si facevano più o meno gli stessi orari proposti a Pomigliano. Poi ho avuto l'onore di fare il Sindaco del mio Paese: e posso assicurarvi che non si guadagna di più. Oggi sono il segretario provinciale del PD. Chi fa attività di partito non ha - come qualcuno potrebbe pensare - diritto a qualche forma di "distacco" o di aspettativa.
E non sono il solo.
Chiedo rispetto per il PD. Così come credo che tutte le forze sindacali debbano vicendevolmente rispettarsi, se davvero vogliono cambiare le cose, spezzando la semplice difesa di ciò che c'era e chiedendo invece di più, chiedendo di contare nelle aziende, di essere parte attiva della politica di sviluppo del paese. Se non c'è rispetto tra chi dovrebbe condividere obiettivi e visioni, pur con i ruoli e le posizioni diverse che gli competono, i Marchionne si moltiplicheranno con estrema rapidità".

sabato 1 gennaio 2011

DA OGGI A IN ITALIA SI PARLA INGLESE


Un estratto de "la nota del mattino" del 24 dicembre 2010

"Raggiunto l’accordo tra la Fiat, la Fim, la Uilm, la Fismic, l’Ugl per lo stabilimento di Mirafiori, il cuore e il simbolo dell’industria italiana. La Fiom non lo ha firmato. L’intesa prevede l’investimento di un miliardo di euro nello stabilimento, l’impegno produttivo negli anni a venire e la garanzia dell’occupazione da parte della Fiat. Ora sarà sottoposto al referendum tra i lavoratori. L’intesa prevede tuttavia anche norme che toccano la valenza del contratto nazionale e il fatto che i sindacati che non hanno firmato non potranno far eleggere propri rappresentanti in fabbrica.

Da qui, la prudenza con la quale, pur esprimendo un giudizio positivo perché si salva il lavoro a Mirafiori e la sopravvivenza dell’occupazione a Torino, il sindaco Chiamparino e il candidato sindaco, Piero Fassino, hanno lanciato un avvertimento. La Repubblica: “Chiamparino, parla di «intesa positiva non solo perla fabbrica ma per l`intera città», però auspica che «nella gestione dello stabilimento venga coinvolto anche chi non ha firmato». Il candidato sindaco del Pd, Piero Fassino, evidenzia che l’accordo è «importante», però avvisa: «Chi non ha firmato non deve essere oggetto di discriminazione».

Al di fuori di Torino, invece, i commenti sull’accordo sono stati divisi nettamente. Positive le reazioni dei firmatari, della Fiat, del ministro Maurizio Sacconi. Ma mentre i sindacati hanno sottolineato che la positività dell’accordo sta nell’aver ottenuto la garanzia del futuro produttivo a Mirafiori, nelle parole di Marchionne e di Sacconi vi è stata anche la soddisfazione per un obiettivo di tipo più generale. Ed è proprio questo aspetto “generale”, e cioè il venir meno della valenza generale del contratto nazionale e il fatto che siano gli imprenditori e i sindacati che firmano accordi aziendali a decidere chi può essere eletto come delegato di fabbrica, ad aver preoccupato tutti coloro che si sono schierati in modo critico. Sergio Cofferati (La Repubblica): “Diventa chiaro il tentativo di stravolgere tutto il sistema contrattuale e delle relazioni sindacali. La Fiat, con la sua fabbrica simbolo, si pone come punto di riferimento negativo, con un accordo autolesionista per chi l`ha firmato». Stefano Fassina, responsabile economico del Pd: «Accordo regressivo», che «nessuno può considerare un successo» e che «apre alla negazione della democrazia sindacale».

Il Foglio, quotidiano di Giuliano Ferrara, ha sintetizzato l’importanza dell’accordo in un lungo articolo a tutta pagina. “Torino. La rivoluzione marchionnesca è compiuta. Le nuove relazioni all`americana fra azienda e lavoratori sono pronte. La svolta "storica", parola di Sergio Marchionne, c`è. Da Torino inizia una nuova era. L`accordo per Mirafiori è stato raggiunto ieri sera, senza la Fiom che non sarà più parte della rappresentanza sindacale aziendale nella Casa torinese. La Fiat fa dunque a meno della Cgil, non succedeva dai tempi di Vittorio Valletta. Non solo: il gruppo automobilistico procede per la propria strada fuori da Confindustria e applica
condizioni di lavoro non previste dal contratto nazionale dei metalmeccanici. Era accaduto solo negli anni Venti del secolo scorso, ricordano gli osservatori più attenti. I rapporti con il presidente della confederazione degli industriali, Emma Marcegaglia, diventano sempre più difficili. Il maggior punto di frizione è proprio la rappresentanza sindacale: il direttore generale di Confindustria,Giampaolo Galli, nell`intervista al Foglio di mercoledì, aveva confermato il proprio dissenso. Ieri sera, comunque, Marcegaglia ha plaudito all`accordo innovativo. Arduo dire altro. L`intesa si basa su uno scambio così sintetizzato in casa Cisl: "Non possiamo buttare a mare l`investimento in nome dei diritti del sindacato", ha detto ieri Claudio Chiarle, segretario della Fim-Cisl di Torino.

Scelte difficili che segnano una svolta nella storia delle relazioni industriali in Italia dalle ricadute ancora indefinite seppure inevitabili nei rapporti di potere che solcano la politica, l`industria e i sindacati” ".