giovedì 10 febbraio 2011

L'IMPORTANZA DELLE FESTE


Ecco alcuni stralci dell’articolo di Alfredo Reichlin pubblicato sull’unità di lunedì.
“Vorrei sottolineare il significato che, nella sua semplicità, assume questa narrazione di cosa sono
state le feste de l’Unità. Non si tratta solo della cronaca di eventi più o meno festosi che milioni di italiani hanno frequentato e frequentano in tante parti d’Italia e che ormai rappresentano una scadenza della vita popolare nelle sere estive di città, paesi e borgate, un po’ come le feste del santo patrono. Non si tratta solo di questo. Dietro quelle tavolate festose e quelle donne che fanno i tortellini c’è stata una grande idea. Una operazione politica e culturale originale, molto ambiziosa, che parte da una idea profondamente realista dell’Italia, e quindi della politica come storia, e storia non più solo delle classi dominanti ma della tormentata e complessa vicenda del popolo italiano. Si partiva dall’assillo di creare un tessuto di relazioni e di partecipazione alla vita collettiva, tale da trasformare le masse italiane in quello che mai erano state, cioè un popolo-nazione. Non più plebe, sudditi, un mondo separato da quello dove si formano i poteri e si decidono i destini collettivi….La politica era tutt’uno con una fede, e un ideale di riscatto umano. Ma era, al tempo stesso, una lotta per un progresso civile e una cultura che andavano oltre la buona amministrazione. Era la formazione di una nuova umanità. E il segno di questo rimane; e ciò spiega tante cose: dalla buona amministrazione alla iniziativa imprenditoriale, dal creare associazioni e cooperative alla passione democratica….Una classe diventa dominante se prima ancora di andare al potere diventa dirigente, se è in grado cioè di esercitare una direzione intellettuale e morale sull’intera società, se elabora una cultura più avanzata e riunifica il popolo con gli intellettuali. Se crea insomma una classe dirigente…. Affrontare noi le grandi questioni irrisolte che avevano bloccato il cammino del popolo italiano. Grandi questioni storiche, non riducibili alla prepotenza dei padroni: la questione contadina (l’ottanta per cento della popolazione, per di più quasi del tutto analfabeta), la questione meridionale (quasi metà del paese), la questione vaticana, cioè il problema di come combinare la pace religiosa con le libertà politiche e civili. Laicità dello Stato e riconoscimento perfino dell’apporto che una coscienza religiosa può dare alla coscienza sociale e civile. Questa grande avventura io l’ho vissuta non solo nei libri ma nei rapporti con i compagni e le persone, e sono stato testimone di come l’invenzione delle feste de l’Unità fosse tutta pensata alla luce dell’idea d’Italia e della politica di cui ho parlato e come parte integrante dello sforzo di aderire «a tutte le pieghe della società».….Mettemmo varie cose: il messaggio politico che il Pci voleva ogni anno imporre come tema culturale della sua battaglia, insieme con l’evento festoso attraverso il quale le nostre organizzazioni dovevano verificare il radicamento popolare luogo per luogo, la capacità organizzativa di cui erano capaci, l’occasione per i dirigenti di farsi conoscere e aprire dibattiti. Il successo fu clamoroso. Questo libro ne dà conto e sarebbe quanto mai utile allargare la ricerca tra quelli che (a mio ricordo almeno) furono eventi davvero grandi e le migliaia di feste locali. Penso alla festa di Venezia che si svolse nel cuore della città e delle «calli» e che vide la partecipazione di grandi artisti europei alle sue iniziative…. Ma è chiaro perché quando parlo di feste de l’Unità non mi vengono alla mente solo le variopinte forme di aggregazione popolare, ma i momenti di costruzione del consenso politico.”