lunedì 7 maggio 2012

Pignedoli e Soliani: "Il PD non ha mai votato contro il taglio delle pensioni d'oro"

La voce che sta girando in queste ore che accusa i Senatori del Partito Democratico di avere votato contro il taglio delle "pensioni d'oro" è una notizia falsa e fuorviante e per questo senatiamo l’esigenza di fare chiarezza. Le così dette “pensioni d’oro”, stimate in un numero inferiore a 10 in tutto il Paese e appartenenti a manager pubblici di grande rilievo come il responsabile dei Servizi Segreti Italiani, colui il quale è responsabile della sicurezza dello Stato, sono state tagliate dal Governo Monti (anche con il nostro appoggio) diversi mesi fa imponendo un contributo di solidarietà. L’emendamento in discussione la settimana scorsa non andava a modificare tale decisione e, come spiegato dalla relazione tecnica redatta dal Ministero dell’Economia ad esso riferita, non produceva effetti negativi per i saldi di finanza pubblica. Questo significa che quel comma non determinava una maggiore spesa per le casse dello Stato, e ciò dimostra che quanto affermato da troppi è falso. Non abbiamo mai votato contro la riduzione delle pensioni d’oro e il Partito Democratico non ha in nessun modo cambiato idea a tal proposito. Questo e' l'ennesimo caso di disinformazione non so se dolosa o frutto di incompetenza.


Per spiegare l’accaduto occorre chiarire che: 1. nel dicembre 2011 scorso il decreto-legge “Salva-Italia” ha stabilito un taglio alle retribuzioni degli alti dirigenti pubblici superiori ai 300.000 euro annui; 2. quella disposizione ha determinato una situazione nella quale numerosi alti dirigenti pubblici che hanno già maturato i requisiti per il pensionamento sono fortemente incentivati a scegliere di andare in pensione subito, invece di continuare a lavorare (così come invece ha chiesto loro il Governo) per evitare che il nuovo stipendio, oggi decurtato, determini una riduzione corrispondente del trattamento pensionistico a cui altrimenti avrebbero già diritto. Per evitare questo, il Governo si è impegnato a fare in modo che, rimanendo in servizio, essi non subiscano quel pregiudizio. 3. In un decreto-legge adottato ultimamente, il Governo ha quindi inserito una disposizione che stabilisce che il taglio operato con il decreto “Salva-Italia” non possa incidere sul trattamento pensionistico già maturato da quei dirigenti alla fine del 2011 nel vecchio regime, bensì incida soltanto sul trattamento che maturerà a loro favore dal 1° gennaio in poi, decidendo essi di restare in servizio. Va sottolineato che tale disposizione corrisponde a un orientamento giurisprudenziale costante della Cassazione e della Corte costituzionale, secondo il qualee il trattamento pensionistico per il quale una persona ha già maturato i requisiti, ma che non viene attivato poiché essa decide di continuare a lavorare, costituisce un diritto acquisito che non può essere inciso da nuove disposizioni. La disposizione inserita dal Governo nel decreto-legge mirava dunque anche a evitare una pioggia di loro ricorsi dei dirigenti interessati, ricorsi che a breve arriveranno (grazie a Lega, PDL e IDV) e che avranno ottime possibilità di successo, successo che, concretamente, si tramuterà in esborsi da parte dello Stato non indifferenti, che peseranno sulel tasche dei cittadini. Questo il Partito Democratico e il Governo lo volevano evitare.



Così stando le cose, ci è parso ragionevole l’accordo tra i partiti della maggioranza nel senso di respingere l’emendamento soppressivo presentato dalla Lega. E quando in Senato mercoledì scorso si è delineata la defezione quasi in blocco del Gruppo del PdL (con la significativa eccezione dei suoi esponenti di vertice), abbiamo approvato la scelta del PD di mantenere invece l’impegno preso, nonostante questo rischiasse di esporci alla disapprovazione dell’opinione pubblica meno informata. Aggiungiamo soltanto che, se non avessimo approvato questa scelta del PD, non avremmo esitato a dirlo chiaro e tondo in questa sede e in ogni altra.