Mirko Tutino

Tutti i big che siamo abituati a vedere in televisione prendono posto intorno a noi. Rutelli, con uno stentato sorriso post-sconfitta, la Bindi, che trasmette sincerità e simpatia, Fassino, sempre più magro ma comunque instancabile, D'Alema, che si mette in prima fila... e tutti gli altri. Anna Finocchiaro presiede, con piglio severo.
Apre Veltroni, che propone una lunga relazione di analisi sulla sconfitta elettorale e sulla fase successiva. Direi che i punti salienti sono sostanzialmente 3: la linea intrapresa con la campagna elettorale (andare sa soli e rompere con il passato) è quella che ci ha consentito di non affondare, bisogna "ascoltare il paese e smetterla di giudicarlo" ("farci popolo", dice, stando in mezzo alla gente e comprendendone i bisogni reali), il dialogo con Berlusconi non ha futuro perchè si sta comportando come ha sempre fatto. Lancia una grande manifestazione di Piazza in autunno. L'intervento di Walter è pronunciato con passione, anche se la difficoltà nel parlare di fronte all'assemblea dopo le sconfitte elettorali di questi due mesi è palpabile.
Subito dopo si propongono le modalità di voto della Direzione Nazionale, che in pratica è proposta con lista chiusa (elaborata dal Segretario) a voto palese (a meno che altri non decidano di raccogliere 250 firme tra i presenti e presentarne una alternativa). La soglia di firme e la tempistica rendono impossibile questa eventualità.. cosa che fa imbestialire Parisi e tanti altri delegati, che si sono sentiti un pò presi in giro.
Si da il via al dibattito. Intervengono molti esponenti della cosìddetta "società civile", la terza gamba del PD. Sono tutti estremamente franchi e critici per come sono andate le cose. Alcuni criticano le candidature (in particolare al sud), altri criticano la scarsa attenzione al sud, altri dicono che non si è ascoltato il nord ecc..ecc.. Due ore di mazzate al Segretario, che incassa in silenzio, seduto a pochi metri dal Palco. Moltissime critiche erano condivisibili (lo scarso rinnovamento del gruppo dirigente, la fretta con cui si è costruito il Partito), anche se rivolgerle a Veltroni, che guida il Partito da sei mesi, è un pò fuori luogo.
Nei vari interventi "politici" che si sono susseguiti nel dibattito ne cito 3, che penso siano i più significativi della giornata. Pierluigi Bersani interviene sul tema dell'identità del nuovo Partito: "Il fatto che le ideologie non contano più è una sciocchezza: prima delle politiche, prima dei programmi e prima ancora dei risultati, l'ideologia è ciò che da un senso di appartenenza alla gente".
A questo punto dovremo consolidare e far crescere il Partito dall'opposizione, dice Bersani, costruendo una reale alternativa alla destra nel paese. Il suo intervento, come quello di Enrico Letta, indicano la strada di un grande dibattito che definisca lo spazio che intende occupare il PD nella politica italiana. La critica rivolta a Veltroni, per quanto profonda, è molto costruttiva ed orientata a lavorare insieme per completare un percorso troncato troppo rapidamente per colpa della campagna elettorale. Letta ha affermato: "l'analisi del voto, da oggi, è completa: il Segretario ci ha detto che abbiamo perso e ci ha detto perchè, ora bisogna rimboccarsi le maniche". Entrambi sottolineano l'importanza del tesseramento e della costruzione di un partito "reale" e solido.
Gianni Cuperlo, molto vicino a D'Alema (che non interviene), invece va oltre. Segnala l'errore di avere semplificato le radici ideologiche del Partito, costruito in troppa fretta e solo in ragione di un programma di Governo. Cuperlo sostiene che questo appassionante percorso di costruzione non è stato immaginato e seguito e questo sarà il compito a breve termine del Segretario. Un Segretario che però dovrà lasciare spazio a nuove generazioni, per un rinnovo delle classi dirigenti radicali: un'intera geneazione ha fallito. L'intervento del deputato quarantenne è molto duro e rende evidente quanto sia radicale la critica che il gruppo vicino a D'Alema ha rivolto a Veltroni.
Veltroni replica facendo sue una parte delle critiche, ma rivendica, a mio parere giustamente, la differenza tra il risultato delle elezioni che ci sarebbe stato senza la sua svolta e quello che in realtà c'è stato. Dichiara tuttavia di aver compreso che parte del consenso del PD va conquistato e riconfermato, perchè è stato ottenuto più "contro" che "per" (contro la destra, contro la linea "di lotta e di governo", o meglio "di lotta contra il governo" della sinistra radicale). Promette l'avvio di una dibattito per la compiuta definizione del Partito. Nei temi che propone (solidarietà, lavoro, problemi economici) disegna un profilo progressista e sociale del Partito, attaccando duramente il Governo sulle sue prime azioni. Veltroni è pronto a scommettere su una rapida conclusione della luna di miele tra la destra ed il paese, segnalando che le promesse ed i proclami del Governo saranno presto messe alla prova dei fatti e che quella prova non sa superata.
Si vota quindi la Direzione, proposta con lista unica e voto palese. Il sottoscritto, ed un altro 10% dell'assemblea (circa), non ha condiviso il metodo con cui è stata proposta e vota contro. A questo punto si chiude l'assemblea e si torna tutti a casa... Altri 500 km di strada.
Che dire di questa assemblea?
In un momento duro come questo, dopo una batosta elettorale ed un Governo di destra all'apice del consenso, l'assemblea di venerdì non poteva essere diversa.
Le riflessioni che sono state fatte indicano che tutti hanno compreso cosa non è girato, e a questo punto è opportuno mettersi a testa china, non pensare (nè Veltroni, nè altri) di avere, da soli, le ricette giuste in tasca e fare una leale, seria, costruttiva, ma durissima opposizione. E' stata condivisa da tutti un'idea forte del Partito. Forte nel suo impianto ideale, su cui si deve lavorare ancora, e forte nella sua organizzazione capillare.
Purtroppo, dico io, un bravissimo Segretario rischia di fare la fine di Gorbaciov, che dopo aver aperto il suo paese ad i fermenti democratici ne è stato travolto. La discussione democratica ed aperta di venerdì ha mostrato (in diversi congressi e assemblee nazionali DS non mi era mai capitato) un Partito capace di dibattire e fare autocritica, mantenendo tuttavia un'unità ideale e progettuale molto forte. Non so fino a che punto il Segretario nè uscirà bene da questa discussione.. e se, soprattutto, riuscirà a preservare il PD dalle correnti proponendo contestualmente un rinnovamento reale. A destra tutti i posti sono contendibili tranne uno, quello del Capo. Quanti ministri del primo governo Berlusconi ci siamo ritrovati nell'attuale esecutivo? Ben pochi. Il modello non è democratico, ma è sicuramente vincente. Nel PD, al momento, sembra che ci sia solo un posto che è costantemente contendibile, quello del Segretario: gli altri non si schiodano.